venerdì 8 gennaio 2010

PD MODENA - La selezione della nostra classe dirigente avviene tra pochi ‘eletti’ !!!



«Appare di sicuro interesse il dibattito ripreso in questi giorni dai giornali in merito alla selezione delle candidature all’interno del Partito democratico modenese in vista delle elezioni regionali».

A dirlo è Stefano Rimini, consigliere comunale del Pd. «Allo stesso tempo - continua - ricordo alcuni passaggi che il partito si è teoricamente dato per arrivare alla selezione delle candidature: entro il 24 gennaio la direzione provinciale deve far sue delle proposte di candidatura alle Regionali ed avanzarle ai circoli che, entro il 5 febbraio e attraverso le
assemblee (la famosa ‘base’ che garantisce la democrazia interna del partito), dovranno valutare le suddette proposte e indicare ulteriori eventuali nominativi.

L’impressione invece è che la selezione avverrà attraverso alcuni dirigenti del Pd - continua Rimini - che sceglieranno i nomi e le persone (da far girare prima o poi sui giornali per farli circolare e ‘digerire’ agli elettori e alla base) e con la direzione provinciale, che si limiterà a proporre quei nomi di cui si è parlato in precedenza in modo ristretto, e poi sulla stampa, con un grande sforzo finale e tutto ‘politico’ per farli votare dai circoli, che supini accetteranno di buon grado quello che altri hanno deciso.

L’intero processo di selezione porterà alla scelta di candidature che presumibilmente non saranno decise né nella direzione provinciale, nè all’interno dei circoli. Nulla di scandaloso: mi sorgono però a questo punto alcune riflessioni istintive.

La prima - continua il consigliere - è la constatazione è che alla famosa ‘base’ (i circoli, il cuore pulsante del Pd, gli elettori delle primarie) in gran parte non interessa la fase di consultazione.

La seconda è che allo stesso tempo ai dirigenti non interessi veramente l’opinione della base.

Si tratta cioè solo di un dibattito interno ammantato da un aurea democratica che l’intero
processo di selezione non possiede e che con questa pantomima viene ulteriormente svilito. Sarebbe più coerente evitare di dover affrontare il problema ex-post, spremendoci le meningi sul come far digerire alla base i nomi scelti davanti al caminetto.
Sarebbe meglio poi evitare burocratici e complessi iter di selezione in cui il singolo membro di
pletoriche assemblee si sente di non contare nulla.

Chiediamoci se forse l’elettore-iscritto non preferisce starsene a casa e venire direttamente
ad ascoltare i candidati quando (e se) hanno qualcosa da dire.

La terza e successiva riflessione – conclude Rimini - è conseguenza delle prime due: la selezione della nostra classe dirigente avviene tra pochi ‘eletti’ che hanno la responsabilità di scegliere persone capaci e meritevoli. Ma se così non è, se cioè i dirigenti scelgono gli amici fidati e leali prima che i candidati bravi e meritevoli, ne va del buon governo del nostro territorio.

A questo consegue inevitabilmente la perdita del consenso ed il distacco tra amministrazione, partito e cittadini. Incrociamo le dita».

MODENA - RISCHIO FIUMI !!!


RISCHIO FIUMI
L’analisi di Emilio Salemme, presidente della Consulta per la tutela ambientale
«Alluvioni, ci sono responsabilità politiche»
«Il nostro territorio è a rischio idrogeologico: troppa urbanizzazione e costruzioni inutili»

Il problema delle alluvioni e dei fondi, attesi dalla Provincia per opere di contenimento e messa in sicurezza del territorio, è stato sviluppato da Emilio Salemme, presidente della consulta per la tutela ambientale e dei fiumi modenesi.

«Solo pochi mesi fa il Consiglio provinciale ha licenziato il Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale), che è la gestione dell'area vasta. E' stata sufficiente una nevicata e un po’ di pioggia per allagare questa zona e provocare smottamenti e frane in montagna.
Ci sono persone – ricorda Salemme - che hanno passato le festività fra terra e acqua.
La memoria aiuta a capire che la politica non si interessa sufficientemente dei problemi e della vita delle persone. Da 15 anni, mi riferisco alla “guerra politica” fra Prodi e Berlusconi, nessuno ha pensato di governare il dissesto idrogeologico».

Salemme ribadisce, poi, come il territorio modenese sia a rischio, e conclude: «I nostri amministratori hanno responsabilità. Mi riferisco a quelli che hanno continuato a urbanizzare,
a permettere i dislocamenti e inutili costruzioni che hanno ridotto il nostro Appennino a un enorme campo da sci, inutilizzabile perché la neve non dura. Pensiamo all’ambiente, per tutelare la popolazione».

giovedì 7 gennaio 2010

POSSIBILE CHE MODENA E' 30 ANNI CHE HA UN'EMERGENZA ESONDAZIONE ???

Ho prodotto un filmatino che spero raggiunga i piani alti e gli dia un po' di sveglia !!!

domenica 3 gennaio 2010

MODENA - PDL A PEZZI !!!


«Ed ora parlo io, che non devo conservare o conquistare poltrone!!!».

Interviene così Olga Vecchi, decana dei consiglieri del centrodestra, sull’addio di Galli, Taddei e Celloni al Pdl per abbracciare Lega Nord e Mpa. E il suo è un commento fuori dagli schemi, che non risparmia critiche alla gestione del partito e in particolare a Isabella Bertolini, e allo stesso tempo che difende il capogruppo Adolfo Morandi.

I personalismi
Ma la Vecchi inizia con il criticare la scelta dei «transfughi».
«Il Pdl modenese ha tristemente fatto terno, Galli,Taddei,Celloni! E finirà qui? - si chiede la
consigliere comunale -. Hanno usato i voti del PdL per farsi eleggere, poi hanno traslocato in
altri partiti tradendo i loro elettori.
Costruire un grande partito come il Pdl è stata una grande sfida di Berlusconi alla quale gli
elettori hanno risposto con entusiasmo.
E’ un compito grave e difficile, ma gli eletti devono credere intensamente in questa sfida, senza personalismi. Galli si scusa dicendo che «…non concorda più con Fini, che i suoi elettori scontenti si sono spostati alla Lega e lui si sente in obbligo di seguirli». Strano modo di pensare. Poi, con un assai criticabile giro di valzer abbandona, insieme a Taddei, il suo partito per cercare spazi e poltrone più visibili nella Lega, «pro domo sua». E Celloni si trasferisce accanto al sole della Sicilia.
Dispiace molto che questi 3 consiglieri, peraltro capaci e rappresentativi, abbiano cambiato bandiera; ma noi non abbiamo bisogno di trasformisti».

Il coordinamento
E, subito dopo la censura della scelta dei «nuovi leghisti», arriva la durissima critica alla gestione del partito. «Si tratta di un disastro annunciato – prosegue la Vecchi -. Perché meravigliarsi ipocritamente e nascondersi dietro ad un dito per non perdere poltrone? Inutile e sbagliato attribuire la colpa delle “fughe” al capogruppo comunale.
Nessuno dei 3 consiglieri “transfughi” aveva dato segnali in Comune in merito, né le loro motivazioni di scontento sono amputabili al capogruppo. E’ finalmente ora di interrogarsi e di
fare una profonda ed obiettiva analisi del problema.
Dopo 15 anni di militanza politica, personalmente sono libera di farlo perché non aspiro a poltrone, amo la mia città e voglio difendere il mio partito. A Modena esistono, in effetti, problemi nel Pdl, fin da quando era ancora Forza Italia. E’ mancata la presenza attiva dei vertici del Coordinamento provinciale locale. Non si è voluto percepire dissensi e problemi, non si ha collaborato, né coordinato. Da almeno sei mesi nessuna riunione, nessuna strategia politica o progetto di partito. Nessun dibattito e tanti personalismi.
Soltanto in seguito al commissariamento dei vertici del coordinamento provinciale, si è iniziato col commissario Lenzini a ristrutturare, anzi a strutturare il partito, a creare strategie politiche, a formare dipartimenti, a fare riunioni, a prendere contatti con i nostri Comuni, insomma, a
coordinare. Poi proprio sotto le elezioni amministrative, il ritorno della coordinatrice Isabella
Bertolini con Ministri, Ministre e... minestre.

Passerelle inutili e fallimentari come la prima Festa del Pdl.

Poi nuovamente il silenzio, per forza non si è percepito nulla di quanto stava per accadere. Dopo un tale disastro, se il PdL fosse la Fiat chi sarebbe mandato a casa? Marchionne o l’ultimo anello della catena, della piramide operativa?

Mi auguro che da questa triste esperienza nasca una nuova volontà di creare strategie locali,
si riveda l’attività e la presenza del Pdl su tutta la Provincia per ridare localmente quella capacità e visione politica che sono proprie di questo grande par tito».

La sinistra
«Un caldo e forte invito alla Sinistra locale - conclude la consigliere del Pdl -. Critiche e commenti inaccettabili da parte del neofita Trande, da Bonaccini, da Boschini ed altri esponenti del Pd che avrebbero fatto cosa migliore e produttiva al loro Partito a «guardare in casa loro» ,
a ciò che sta succedendo nelle Puglie, le migrazioni locali, i valzer delle poltrone, i problemi
con l’Idv. Non sono transfughi quelli di Sinistra ? Almeno i nostri 3 «eroi» sono rimasti all’opposizione locale ed in area governativa nazionale. Non hanno voltato gabbana. Non è con le critiche sterili che si governa e si unisce».

Blob: i berluscones escono a pezzi dalla puntata del 31... per chi se l'è perso eccolo!!!


di Malcom Pagani e Luca Telese

Fine di un altro decennio epocale, la solita ora, il solito canale, Raitre. La voce è quella di Ronald Lee Ermey, attore ed ex marine che in Full Metal Jacket, recitò un raggelante monologo (scritto da sé medesimo). In sovrimpressione, mentre il fuoco (ma che fuoco, è quello di Fareneith 451 di Truffaut) arde ciò che rimane della minaccia culturale, scorrono gli ovali annuenti dei ministri berlusconiani colti nella messa ultraortodossa di Porta a porta. Sorridono, fanno sì con la testa, mentre l’audio rimanda al militarismo fideistico di Kubrick, all’asservimento senza soluzione, alla costrizione gerarchica del potere che conosce i segreti e la maniera di perpetuarsi.

Tra Berlusconi e Kubrick. "Sono il sergente maggior Hartman, vostro capo istruttore. Da questo momento potete parlare soltanto quando lo dico io e la prima e ultima parola che dovrà uscire dalle vostre fogne sarà ‘signore!’. Tutto chiaro luridissimi vermi? (Ronchi, Alemanno, Gasparri, Bocchino, Meloni, Matteoli. Sorridono, inclinano il capo in segno di assenso ndr.) Ma che cazzo non vi sento! Se voi signorine finirete questo corso sarete dispensatori di morte. Ma fino a quel momento siete uno sputo, la più bassa forma di vita che ci sia nel globo, non siete neanche fottuti esseri umani solo pezzi informi di materia organica anfibia, comunemente detta merdaaaa!".

Solita rivoluzione. Per l’ultimo giorno dell’anno, la solita rivoluzione. Vent’anni dopo, Blob lotta e vive insieme al dissenso. Ne interpreta confini e limiti, li supera, abbaia da cane da guardia di un sistema che nonostante minacce, ammonimenti e cupe riunioni nei piani alti di viale Mazzini, ancora non ha trovato modo per sbarrargli la strada.

Veneziani disse no. Un giorno Marcello Veneziani, consigliere di amministrazione nominato in quota An (ma anche un intellettuale dallo spirito indipendente) ricevette una telefonata imperiosa di Berlusconi in persona: "Scusami Marcello, mi devi fare un favore...". Fece appena in tempo a chiedere: "Quale?". Berlusconi esplose come un fiume in piena: "Ma come quale? Ma l’hai vista l’ultima puntata di Blob? Era tutta su di me, tutta contro di me! Dovete chiuderlo, chiuderlo subito quel programma". Veneziani rispose che non l’aveva vista. E Berlusconi: "Macchisenefrega! Non importa. Anche la penultima era contro di me. E anche quella prima. Anzi, non c’è puntata di Blob che non sia contro di me. Anche quando non parla di me!". Alla fine, dopo tante telefonate di questo tipo, Veneziani riuscì a dribblare la richiesta censoria: "Ammesso che sia vero, se Blob venisse chiuso il danno sarebbe molto più grande che se resta aperto e fa il 10% di share". Non era vero. Ma Berlusconi come è noto si ritrovò immerso in altri guai e la trasmissione si salvò.

L’Esordio. Iniziarono quasi clandestinamente il 17 aprile 1989. L’ex studente di filosofia morale Enrico Ghezzi intento a declamare massime tra lo ieratico e il minaccioso: "Nella vita odio la soddisfazione". C’erano anche Marco Giusti poi approdato alla sua vera passione (i b movies italiani anni ‘70), il montatore Ciro Giorgini e il fondamentale appoggio di Angelo Guglielmi (che voleva chiamarlo Fluff!).
Una moviola, qualche vecchio spezzone cinematografico della Metro Goldwyn Mayer, frammenti di telegiornale e Carosello, frullati insieme per rappresentare ambiti di realtà inaccettabile. Quella sigla di trash horror, con il blob che dilaga come una colata di lava divorando immagini e cose. Controinformazione allo stato puro, sovversione non autorizzata, plauso della critica (Oreste Del Buono e Beniamino Placido gridarono al miracolo) e inevitabili reazioni.

Da Blob una striscia serale, prima sperimentale e divenuta poi, con il tam tam, irrinunciabile appuntamento. In origine avrebbe dovuto presentarlo Sabina Guzzanti: poi si rinunciò a qualsiasi mediazione. Quando ogni tanto saltava dal palinsesto, (e accadeva, eccome), negli uffici Rai iniziava a piovere lettere inferocite. Allora si poteva continuare, senza cedere di un metro, perdendo elementi per strada (Giusti confessò che dopo due anni di cattività nella prigione del montaggio, sognava "fughe e palme tropicali"). Si continuava consultando avvocati e studi legali, per parare rabbia, querele e rivendicazioni insidiose sui diritti d’autore.

Tra il Papa e Pirrotta. Blob era un’equazione, senza risultato, di accostamenti eretici: uomini di stato, televisione o spettacolo colti in atteggiamenti incongrui che oggi sembrerebbero un manifesto d’innocenza. Dalle corna di Leone, era passato un decennio lungo un secolo. La politica si era infilata con sconsolante rapidità nel mutamento dei costumi, assecondando l’onda nera dei tempi, il nichilismo, l’orrore corrente: torte in faccia ai ministri al Bagaglino, tette e deputati. Cossiga era stato blobbato con le mani nel naso ma non se l’era presa.
Altri, i più impensabili, avevano stretto nodi gordiani con la Rai pretendendo l’esclusione delle immagini dall’accostamento blobbistico (Nanni Moretti, il Vaticano, Adriano Celentano). Altri ancora, come il giornalista Onofrio Pirrotta, avevano denunciato. Nel caso di Pirrotta a provocare l’esondazione dell’ego, fu Gassman. Il volto di Vittorio, mandato ripetutamente in onda per settimane: "Guarda che bella faccia di cazzo! Non ne ho mai vista una simile!” legato all’ovale di Pirrotta impegnato nell’intervista di prammatica a Craxi, era costato al cronista una corvée quotidiana nei corridoi. Così, rotti gli argini, il popolo dei risentiti si armò di bandiera e tamburo.

Querelarono associazioni religiose e ministri (Beppe Pisanu), conduttrici televisive (Donatella Raffai), sconosciuti televenditori di pentole, tappeti e appartamenti. Il cerchio, in una società in cui ogni cosa aveva un prezzo, tendeva inesorabilmente a chiudersi. L’avvento di Berlusconi, l’indignato timbro brianzolo: "Una legge illiberale...", fornì un nuovo sterminato e duttile materiale, un format nel format. Il blob su Berlusconi, dal primo storico e sconvolgente montaggio del 1994, fino a quello di ieri, è metatelevisione. Da vero nemico pubblico, Dillinger della nostra epoca liquida, Blob mise a fuoco il suo obiettivo sul Cavaliere senza lasciarlo più. In qualche modo il lamento di Berlusconi aveva un fondamento: "Guardatelo, è un killeraggio continuo!". Incredibilmente il leader di Forza Italia non si rendeva conto che essendo lui stesso un’incarnazione della tv, per un programma che era il grado zero della tv non poteva essere altrimenti.

I sopravvissuti della banda, e tutti i nuovi acquisti senza volto o voce, non si sono spaventati: continuano a interpolare vero e verosimile, falso e possibile.
Così l’altro ieri bastava osservare l’orgia di Satyricon, ascoltare le note di De Andrè su Santoro: "Si è impiccato Michèèèè", vedere Citizen Kane, scorgere B. danzare tra Apicella, Porto Rotondo, Obama e Patrizia D’Addario, sentire la narrazione fuori campo orchestrata da Orson Welles 69 anni fa: "L’imperatore della stampa aveva continuato a dirigere il suo impero in disfacimento tentando invano di influenzare come in passato i destini di una nazione che aveva cessato di ascoltarlo e che non credeva più in lui" per finire in un presente senza tempo.

E che dire degli 11 minuti "stracult" (vocabolo da dizionario blobbistico) di Fabrizio Corona allo stato puro? Corona che fa un provino finto per James Bond (ma lui non lo sa), che insulta Alessio Vinci, con il codino, con il il ciuffo! Corona scalpato che viene interpolato dal primo piano (vero) del culo di una ballerina che si arrampica su una scala in un varietà. E poi di nuovo Berlusconi, Milano2, la Sicilia, le trame oscure, il quarto potere. In una discesa continua di cui non si scorge fondo né velocità. Per dirla con il sergente Hartman: “Qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani”.

I blobbisti si sono infilati negli interstizi di viale Mazzini come una repubblica corsara: hanno un loro archivio, le loro fonti, follìa e metodo. Blob è violento? Ride Marco Giusti: “L’unica cosa violenta che ho visto è il Tg1 di Minzolini. Con quell’annunciatrice da tv balcanica che legge le veline. Violenza è Unomattina con i conduttori che salutano Berlusconi dicendo: 'Questa è casa sua torni quando vuole!'. Qui, da noi, c’è quel grido di Blob, fin dal film di Irvin Yeaworth del 1958: "È la cosa più orribile che ho visto in vita mia!". Fino a ora e prima di domani.

Da Il Fatto Quotidiano del 2 gennaio

GUARDA IL VIDEO IN TRE PARTI
1
http://www.youtube.com/watch?v=gT9Ii-C5lJ8

2
http://www.youtube.com/watch?v=QEEBgYrsSLA

3
http://www.youtube.com/watch?v=2tvzd7GFVls