martedì 24 novembre 2009

LATTE AVVELENATO – L’EX CAPATAZ DI PARMALAT VUOTA IL SACCO DAVANTI AI GIUDICI: “I POLITICI LI PAGAVAMO DAL 1960 !!!"


LE BANCHE SAPEVANO DEL FALSO DAL 2002 – POI CALISTO TANZI TORNA SMEMORINO: “FIRMAVO TUTTO MA NON SAPEVO NULLA. NON C’È AL MONDO UN CONTO SU CUI ABBIA UN EURO” - NON SA COME FINIRLA E SI SENTE MALE…

Ettore Livini per "la Repubblica"

Accuse alle banche: «Conoscevano la reale situazione di Parmalat almeno dal 2002». Messaggi ai palazzi romani: «La politica? Abbiamo distribuito soldi se non a 360 gradi a 358». E, soprattutto, tanti «non so» e «non ricordo». A sei anni dal crac di Collecchio, Calisto Tanzi ha risposto ieri a Parma per la prima volta alle domande dei pm in un´aula di tribunale.

Ribadendo la sua linea di difesa - «non mi occupavo di finanza, ho saputo del buco nei conti solo nel novembre 2003» - assicurando di non aver alcun tesoretto nascosto e alzando bandiera bianca a metà pomeriggio quando all´improvviso ha mostrato evidenti difficoltà a parlare («mi accade da sei anni») costringendo il tribunale a sospendere e rinviare l´udienza.

Lucido, in abito e cravatta scuri, Tanzi - già condannato a 10 anni in primo grado a Milano per aggiotaggio - ha ribadito la sua versione dei fatti. Puntando il dito contro il braccio destro Fausto Tonna e gli istituti di credito. La cosmesi di bilancio - ha ammesso - «è iniziata nel ‘93-94, appena dopo la quotazione».

L´ex patron ha però ribadito di non aver mai dato disposizione di truccare i conti. «Avevo tutti i poteri, certo - ha detto - , ma le operazioni le faceva Tonna, io non ne sarei stato capace. Fino all´ultimo ero convinto anch´io che in azienda ci fosse un miliardo di liquidità». Bonlat? «Non sapevo cosa c´era dentro». Le distrazioni verso il turismo? «Firmavo, ma non mi dicevano che i soldi arrivavano da Parmalat».

Tanzi ha rivelato invece una memoria di ferro quando si è trattato di chiamare in causa le banche. Su questo fronte ce n´è per tutti. Mps era a conoscenza dei guai di Collecchio «all´epoca della quotazione». «Mediobanca e Jp Morgan sapevano dei bilanci falsi a fine 2002 quando studiarono un aumento di capitale da 600 milioni». «Banca di Roma ci ha fatto forti pressioni per comprare Eurolat a un prezzo alto minacciando che i nostri rapporti si sarebbero incrinati».

Sui politici, per ora, nessun nome: «Abbiamo avuto contatti dal 1960 al 2003, prima per Odeon Tv poi per avere buone relazioni istituzionali. Abbiamo girato soldi attraverso il nostro conto Valori Bollati a tutto l´arco costituzionale», ha detto l´ex patron che ha invece chiamato fuori la famiglia: «Siamo stati utilizzati come prestanome dalle banche. E Parmalat, lasciatemelo dire, era la miglior impresa alimentare italiana». Il tesoretto? «Non esiste al mondo un mio conto o un conto di cui sia a conoscenza su cui ci sia un euro», ha concluso Tanzi.

Nella foto Fausto Tonna

DIGITALE PEDESTRE! - LA VIA CRUCIS DELLO SWITCH OFF A ROMA: ANZIANI SENZA TV, BLACK OUT A PALAZZO CHIGI.


INTERFERENZE SULLE REGIONI VICINE. L’INCREDIBILE ANNUNCIO DEL GR RAI: “NEL DECODER SELEZIONATE COME PAESE LA GERMANIA”. “IL DIGITALE TERRESTRE? E’ QUELLA ROBA CHE, PAGANDO, TI CONSENTE DI VEDERE MALE LA TELEVISIONE CHE PRIMA VEDEVI BENE, GRATIS”. RAI E MEDIASET GODONO, AFFONDATE LE TV LOCALI…


1 - LA VIA CRUCIS DEL DIGITALE "PEDESTRE" A ROMA: ANZIANI SENZA TV, BLACK OUT A PALAZZO CHIGI, RADIORAI CHE DICE DI DIROTTARE I DECODER SULLA GERMANIA
Aldo Grasso per "Il Corriere della Sera"

Ieri, l'edizione principale del Gr di RadioRai si è conclusa con uno strano annuncio: «Può essere necessario cambiare la selezione del Paese scegliendo per esempio Germania invece che Italia». Era un invito agli abitanti del Lazio in difficoltà con il digitale terrestre (Dtt). Che provassero a impostare una diversa nazione del decoder.

Germania? E perché mai? È la prima volta che la Rai ammette ufficialmente qualche inconveniente di ricezione nello switch off . Veramente, qualche sera prima, Luciana Littizzetto era stata ancora più esplicita nel salutare ironicamente l'avvento delle nuova tecnologia: «Il digitale terrestre è quella roba che, pagando, ti consente di vedere male la televisione che prima vedevi bene, gratis».

Quando i disagi sono stati avvertiti in Sardegna, in Piemonte, in Trentino, in Campania l'imbarazzo non esisteva. Ma appena il problema si è posto a Roma, il caso è diventato nazionale, ne ha parlato persino il Gr1. Per un giorno, al buio è rimasto anche Palazzo Chigi. Il risultato è che attualmente il Dtt sta illuminando una parte considerevolmente inferiore dell'area storicamente servita. Qual è la questione?

La colpa non è dei decoder fabbricati in Germania. Certi decoder hanno la sintonizzazione automatica, altri, nella fase iniziale, vanno resettati di continuo altrimenti registrano più frequenze di quante possano contenerne, per altri ancora bisogna procedere manualmente. Non tutti gli utenti hanno confidenza con i menu d'installazione. La colpa vera è che il Dtt non è il sistema più adatto e tecnologicamente più avanzato per un Paese complicato come l'Italia dal punto di vista orografico.

È soltanto il sistema che consente a Rai e Mediaset (proprietari dei sistemi di distribuzione) di conservare la supremazia nella piattaforma terrestre, nell'attesa di passare progressivamente al satellite. Bastava almeno avere il coraggio di dire che il passaggio al Dtt non sarebbe stato una passeggiata.


2 - MILANA (PD), VERIFICARE PROBLEMA INTERFERENZE NELLE REGIONI VICINE...
(ANSA) 'Il Ministero competente verifichi al piu' presto e si attivi sulle interferenze che dopo lo switch-off di Roma e del Lazio hanno colpito i segnali televisivi delle regioni limitrofe'. E' quanto dichiara il sen. Riccardo Milana del Partito Democratico, componente della Commissione di Vigilanza. 'Dalle notizie che provengono dal territorio e da numerose segnalazioni di utenti - denuncia Milana - il passaggio al digitale terrestre nel Lazio, oltre a provocare caos e disagi ai cittadini che sono stati abbandonati senza indicazioni all'avvento della nuova tecnologia, starebbe anche danneggiando le regioni vicine.

In particolare sarebbero colpite le emittenti locali piu' piccole, con problemi riguardanti sovrapposizione di segnali, interferenze e scambio di frequenze'. 'E' necessario che il Governo si accerti quanto prima -conclude il senatore del Partito Democratico - della situazione ed eviti che il calvario subito dai telespettatori romani e laziali ricada anche su toscani, umbri, abruzzesi e tutti coloro che abitano in prossimita' delle zone passate al digitale terrestre. E' bene che il Ministero si attivi anche perche' dopo la situazione economica gia' critica non si abbatta sulle emittenti colpite un ulteriore danno'.


3 - CECCUZZI (PD), PROBLEMI IN VARIE REGIONI...
(ANSA) 'Lo switch off di Roma colpisce e danneggia anche la Toscana? Il governo verifichi e intervenga'. Lo dichiara il parlamentare toscano del Partito democratico, Franco Ceccuzzi. 'Dal momento del passaggio al digitale terrestre di Roma e di gran parte del Lazio - spiega Ceccuzzi - anche i cittadini della Toscana del Sud hanno iniziato a riscontrare diversi problemi con il segnale televisivo. Interferenze sulle emittenti locali stanno provocando non soltanto un danno agli utenti che non possono seguire le consuete trasmissioni locali e in particolare l'informazione, ma anche un problema economico per le imprese televisive'.

'Il nuovo piano delle frequenze adottato per il Lazio - aggiunge il deputato Pd - sta, quindi, causando problemi anche nelle regioni limitrofe. I telespettatori segnalano annebbiamento di segnale e, in alcuni casi, l'impossibilita' di guardare i consueti canali. Dopo i gravi disagi subiti a Roma e nelle province laziali, siamo all'ennesimo danno provocato da una gestione evidentemente maldestra dello switch off romano'.


4 - FERRANTE, SWITCH OFF LAZIO CAUSA DISAGI...
(AGI) - Il difficoltoso e scarsamente organizzato switch off del Lazio sta colpendo anche gli utenti delle regioni limitrofe, in particolar modo l'Umbria. Il caos e i disagi che i cittadini romani hanno subi'to colpiscono, secondo quanto segnalano molti cittadini umbri, anche parte di una regione che ha il proprio switch off previsto addirittura nel 2012. Il ministero delle comunicazioni verifichi la situazione e si attivi sulle interferenze e i malfunzionamenti". Lo dichiara il senatore del Pd, Francesco Ferrante, che preannuncia in merito un'interrogazione parlamentare.

"Secondo le notizie che provengono dal territorio molti cittadini umbri, in particolar modo le persone piu' anziane, sono vittime della nuova tecnologia, e soprattutto della carenza di informazioni e assistenza a seguito del passaggio al digitale terrestre nel Lazio. Lamentano serie difficolta' ovviamente anche le piccole televisioni locali che, a causa di disturbi e assenza di segnale, perdono interamente il loro bacino d'utenza". "E' bene - conclude Ferrante - che il Ministero delle Comunicazioni monitori con attenzione la situazione, anche in previsione dei futuri switch off che interesseranno le altre regioni italiane e affinche' altri utenti non debbano fare le spese di un fastidiso disservizio".

INCASSARE STIPENDI NON STANCA! - IL CAPO DELL’EXPÒ LUCIO STANCA NON MOLLA I DUE COMPENSI, DA PARLAMENTARE E DA AD !!!


CI SAREBBE UNA LEGGE CHE LO VIETA, MA TANT’È.
ANCHE LA LEGA LO ATTACCA - DA QUANDO È STATO NOMINATO A MILANO, ALLA CAMERA NON L’HANNO PIÙ VISTO - (LA CASTA NON TIRA PIÙ, IL “CORRIERE” DEBORTOLIZZATO E DEMIELIZZATO CI FA APPENA UN COMMENTINO A PAG 14)…

Alessia Gallione e Oriana Liso per "La Repubblica"

Doppio incarico con doppio stipendio? Altissimo tasso di assenze in Parlamento? Su questi temi l'amministratore delegato di Expo2015, il deputato Pdl Lucio Stanca, ha le idee chiare: «Devo rispondere ai miei elettori e al gruppo Pdl, non certo a Repubblica». Una replica secca, arrivata ieri mattina, a margine di un'occasione ufficiale.

L'onorevole Stanca ha risposto così a chi gli chiedeva delle sue presenze in Parlamento, drasticamente calate dopo che, in aprile, era stato nominato al vertice della società che gestisce l'Esposizione universale. Da inizio legislatura e fino ad allora, infatti, Stanca era stato un deputato-modello (con tassi di partecipazione al voto fino al 98,26 per cento). Dopo, raccontano i dati ufficiali della Camera, tutto è cambiato: ad aprile - in contemporanea con la nomina in Expo - Stanca ha partecipato solo al 13,54 per cento delle votazioni. A ottobre il tasso di assenze è stato del 95,78 per cento.

Insomma, man mano che crescono gli impegni nella società con sede a Milano, cala la presenza in aula a Roma (ma in tutta la legislatura l'onorevole non ha mai fatto interventi, interrogazioni o interpellanze). Il suo nome è anche finito nell'elenco dei deputati Pdl da "richiamare all'ordine" per l'assenza ingiustificata del 2 ottobre, quando il governo ha rischiato di essere battuto sullo scudo fiscale.
Il sito di approfondimento Openpolis, misurando la sua "attività parlamentare", lo classifica al 58esimo posto (su 630 deputati).

Sul doppio incarico di Stanca la polemica è aperta da tempo. Poco dopo la sua nomina - voluta da Berlusconi e accolta dal sindaco Morata - il Consiglio comunale, a maggioranza, gli aveva chiesto di scegliere tra le due poltrone. «Sono convinto non vi sia incompatibilità», aveva risposto Stanca. Una posizione rinsaldata quando, il mese scorso, la giunta per le elezioni di Montecitorio, con i voti di Pdl e Lega, ha deciso di considerare compatibili le due cariche.

Ma un attacco, su questo, arriva dall'europarlamentare e consigliere comunale leghista Matteo Salvini: «La Lega ha già sottolineato che l'ad di un evento come Expo dovrebbe fare solo quello: se anche Stanca fosse sempre presente in aula sarebbe opportuno si facesse da parte».

Resta ancora un nodo: quello del doppio stipendio. A quello da parlamentare (oltre 13mila euro mensili), si somma quello da amministratore delegato e consigliere di Expó: 330mila euro lordi l'anno, più altri 150mila come parte variabile (per il 2009 Stanca ha rinunciato a questa seconda quota). Ma, attacca il deputato del Pd Vinicio Peluffo, «il problema rimane: l'articolo 3 della legge 1261/1965 vieta di percepire due stipendi».

Quella legge, mai abrogata, recita: «con l'indennità parlamentare non possono cumularsi assegni o indennità [...] derivanti da incarichi di carattere amministrativo conferiti dallo Stato, da enti pubblici, da enti privati con azionariato statale e da enti privati aventi rapporti di affari con lo Stato, le regioni, le province e i comuni». Commenta Peluffo: «Anche se l'onorevole Stanca non risponde alle domande scomode, la realtà resta la stessa».

ASSEDIO A GOOGLE – MURDOCH E GATES STANNO FACENDO LA MOSSA GIUSTA?


DEVIARE GLI EDITORI (PARTENDO DAI GIORNALI DI RUPERT) VERSO IL NUOVO SEARCH ENGINE DELLA MICROSOFT - IL BIOGRAFO DI RUPERT: “E’ UNA BATTAGLIA DISPERATA. CERCA ALLEATI, MA IL WEB HA GIÀ SCELTO”...


1- CATRICALA': "ISTRUTTORIA SU GOOGLE ALLARGATA A GOOGLE USA"...
(Adnkronos) - E' ancora in fase istruttoria il procedimento aperto dall'Antitrust, su ricorso della Fieg, nei confronti di Google per come il motore di ricerca utilizza le notizie dei giornali italiani. A spiegarlo, precisando che l'istruttoria 'si e' allargata alla societa' americana perche' quella italiana ha dichiarato di non avere autonomia decisionale' e' il presidente dell'Autorita' Antonio Catricala'.

Nel sottolineare che si sta 'ragionando su alcuni documenti', il presidente ha anche precisato che il dialogo avviene 'direttamente con Google e non con l'Antitrust americano. La nostra iniziativa e' solo nazionale', ha proseguito Catricala' che tuttavia non ha escluso che un'eventuale decisione dell'Autorita' italiana possa ispirare il comportamento di altri regolatori nazionali.


2- TITANI CONTRO GOOGLE...
Francesco Semprini per "La Stampa"

Rupert Murdoch punta ad allearsi con Microsoft per indebolire Google. Il patron di News Corp. ha avviato trattative con il colosso informatico esplorando l'ipotesi di una partnership per rimuovere dal motore di ricerca le numerose pubblicazioni del gruppo, dal «Wall Street Journal» al britannico «Times».

Un progetto che sembra far gola alla creatura di Bill Gates, perché in questo modo giornali e riviste online diventerebbero appannaggio di Bing, il «search engine» di Microsoft, principale rivale della creatura di Sergey Brin e Larry Page. Così la società di Redmond ha preso contatti con altri editori per convincerli a «de-indicizzare» i loro prodotti da Google. «È un'aggressione volta a ridurne i margini di guadagno», spiegano al «Financial Times» alcuni esperti, ovvero un tentativo di costringere Google a pagare per i contenuti delle news visualizzate.

La manovra a tenaglia di Microsoft e News Corp. ha anche un altro obiettivo: da tempo la società fondata da Gates rincorre quella di Brin e Page nel business dei motori di ricerca, e dopo anni di tentativi e milioni spesi a vuoto, Bing rappresenta la risposta più promettente al sistema di algoritmi con cui il gruppo di Mountain View domina il mercato da oltre un decennio.

Il colosso informatico ha pensato Bing, lanciato a giugno, diversificandone i campi di ricerca rispetto ai rivali, e i risultati sembrano positivi visto che a ottobre il traffico è salito al 9,9% del totale del settore, dall'8,4% del mese precedente.

Steve Ballmer, amministratore delegato di Microsoft, è pronto a investire ancora molto sul progetto, ma per scalzare il dominio di Google, che controlla il 65% del mercato, è necessario eroderne i margini di azione. In questo contesto si inserisce News Corp. strenuo sostenitore delle sottoscrizioni a pagamento per i quotidiani online - sul modello già in uso al Wsj - e da tempo in prima linea con altri big dell'informazione - come l'Associated Press - nella crociata anti-Google.

Murdoch ha annunciato che ricorrerà a ogni via legale per impedire al motore di ricerca di «rubare notizie» pubblicate sui suoi giornali. All'inizio del mese, aveva promesso che avrebbe proibito agli aggregatori di notizie, come Google, ma anche Msn o Yahoo, l'accesso gratuito completo alle notizie dei suoi giornali.

Le ipotesi sono sostanzialmente due: escludere i titoli dei quotidiani del gruppo dai link degli aggregatori, o far pagare per accedere agli articoli. Google da parte sua sostiene di rispettare le leggi in materia di copyright: «Mostriamo il necessario ai nostri utenti in modo che possano identificare gli articoli che a loro interessano».

Negli Usa, in base al principio del «fair use» (utilizzo leale), non esistono limiti alla pubblicazione di articoli di altri, in base alla libertà di espressione tutelata dalla Costituzione. La società ricorda inoltre che gli editori hanno il diritto di chiedere di essere rimossi in qualsiasi momento da Google News.

L'universo Internet è diviso sulla crociata di Murdoch e Ballmer. Secondo alcuni a beneficiarne sarà l'intero settore, incapace di individuare un modello affidabile che possa far fronte al calo di vendite e introiti pubblicitari, visto che si potrebbe creare un meccanismo per il quale i motori di ricerca pagano per indicizzare i quotidiani, valorizzandone gli stessi contenuti.

Per altri invece la strategia sarà un boomerang, visto che per testate come il Wsj, disertare Google significa perdere sino al 25% del traffico. Inoltre, il motore di ricerca ripete di non aver bisogno dei giornali per sopravvivere, perché «non rappresentano una parte importante dei ricavi».


3- MICHAEL WOLFF: "RUPERT ARRIVA TARDI...
Maurizio Molinari per "La Stampa"

È un'abile mossa di pubbliche relazioni contro Google ma difficilmente porterà a risultati concreti». Pochi conoscono Rupert Murdoch come Michael Wolff, autore della biografia «The Man Who Owns the News», ed a suo avviso l'ipotesi dell'alleanza con Microsoft «è una sorta di ultima, disperata, battaglia».

Di quale battaglia si tratta?
«Del tentativo di salvare i giornali di carta dall'inesorabile avanzata di Internet».

Perché vuole salvarli?
«Perché vuole salvare i suoi. Teme per la sorte del proprio impero. Vede il futuro della News Corporation, che include giornali e televisioni, minacciato dal dilagare dell'informazione gratuita sul web».

L'alleanza con Microsoft può aiutarlo?
«Al momento è ancora a livello di trattativa. Non so se diventerà una formale alleanza. Comunque è solo un'abile mossa di pubbliche relazioni».

Eppure si tratta di due colossi dei media...
«Certo, ma nessuno dei due ha una presenza sul web tale da poter dettare condizioni ad una nave ammiraglia come Google. La loro somma su Internet è uguale a zero».

Allora qual è la strategia di Murdoch?
«Un patto fra due grandi aziende che in comune hanno solo il nemico: Google. Per allearsi ha scelto il nemico del suo nemico».

Tutto qui?
«Tutto parte da qui. È un'offensiva di pubbliche relazioni che punta a mettere sotto accusa Google, indicandola come la principale responsabile della mancanza di entrate economiche dal web per i giornali. L'obiettivo è sfruttare il processo pubblico a Google per far scaturire un dibattito tale da aprire una strada a soluzione alternative, capaci di disegnare nuovi scenari. Murdoch parte dalla definizione del colpevole, cerca un accordo sul suo nome e pensa così di avvicinarsi alla soluzione...».

Funzionerà?
«Murdoch pensa di sì. Bisogna ricordare che a metà degli Anni Ottanta fu lui che affrontò a visto aperto i sindacati dei giornali britannici, piegandoli al termine di un lungo braccio di ferro sul quale in pochi avevano scommesso. Per Murdoch quella vittoria ha garantito la sopravvivenza della carta. Ora vuole ripetersi, puntando a piegare Google».

Cosa vuole in particolare Murdoch da Google?
«Spingerla a pagare i giornali per le notizie che vengono trovate e consultate attraverso il motore di ricerca. Vuole porre fine alle ricerche gratis perché ritiene che debbano essere a pagamento. È una richiesta senza dubbio legittima da un punto di vista economico ma ha un tallone d'Achille...».

Qual è?
«Il fatto che Rupert Murdoch non conosce il web. Non naviga, non sa di cosa sta parlando né è padrone del business dell'informazione online. Se ne sapesse solo un poco di più si renderebbe conto che la sua è una battaglia antistorica, perdente, è destinato a uscire sconfitto da quest'ultima appassionata scommessa che, all'età di 73 anni ha deciso di intraprendere».

Lei ha studiato molto da vicino il personaggio-Murdoch. Che idea si è fatto della sfida a Google?
«È iniziata da poco tempo. La sta gestendo alla sua maniera. Come una campagna molto aggressiva. Punta a essere sulla bocca di tutti. Si dedicherà fino in fondo a vincerla nella convinzione che leggere gratis sul web quanto si paga sulla carta è un controsenso. Dobbiamo attenderci nuovi, duri affondi. Punterà a guidare alleanze sempre più vaste, nobili e soprattutto popolari imputando a Google di essere una sorta di parassita che fa soldi e cresce sfruttando, gratis, le proprietà degli altri. Il tema-chiave è la tutela della proprietà intellettuale. Ma ciò che Murdoch non può cambiare è l'abitudine degli utenti del web. Miliardi di persone sono oramai abituate a navigare gratis attraverso i siti dei giornali di carta, cercando liberamente ciò di cui hanno bisogno attraverso i motori di ricerca. Non si può tornare indietro. È troppo tardi».